Giudicare la condizione del vino appena stappato è una necessità che chiunque dovrebbe essere in grado di gestire, dopo aver passato in rassegna la carta dei vini e fatta la propria scelta ritrovarsi una bottiglia non in forma o difettata credo non piaccia a nessuno. Il cameriere, una volta stappata la bottiglia, si aspetterà da noi un cenno di approvazione che purtroppo viene da tanti dato con la paura di esporsi, probabilmente perché non si è in grado di argomentare eventuali difetti che possono porsi.

Proviamo a elencare i difetti che renderanno la nostra serata un incubo:

  • Il famigerato “tappo“. Questo difetto è dato da una molecola, il TCA o tricloroanisolo, che da al vino un sentore di cartone bagnato. E’ sicuramente un difetto imprescindibile e il vino va restituito, purtroppo questo sentore non se ne andrà mai e il tempo, o l’aumento della temperatura di servizio, potranno solo enfatizzarlo… non credete al cameriere che tenterà la carta del “lasciamolo aprirsi”. Una soluzione, che tanti non apprezzano, è l’utilizzo di chiusure alternative al sughero, sicuramente meno romantiche ma con garanzia di successo.
  • Vino vecchio. Classico vino spento che non si apre e non regala emozioni, probabilmente il tutto dovuto a pessime condizioni che lo hanno portato a contatto diretto con la luce, alte temperature o vibrazioni. Un basso livello del liquido nel collo della bottiglia o un rigonfiamento del tappo non sono buon segnali. La bottiglia del nonno conservata in cucina tipo totem probabilmente farete bene a tenerla come ricordo.
  • I solfiti. L’anidride solforosa è presente in tutti i vini e ha una azione conservante, quello che cambia notevolmente sono i livelli con cui questa è aggiusta, il range varia dai 10 mg/L fino a oltre 150 mg/L. Il regime biologico abbatte notevolmente la soglia massima rispetto alle coltivazioni tradizionali. Alte concentrazioni copriranno sia la freschezza dei vini sia i sentori fruttati e i postumi saranno indimenticabili il giorno seguente. Generalmente i vini dolci hanno alte concentrazioni di SO2. Un test molto utile è bersi tutta la bottiglia e vedere come ci si alza il giorno successivo, test non per tutti…
  • Acidità volatile. Tema dibattutissimo nel disagio attuale del talebanesimo del vino naturale. Tutti i vini hanno una quantità di acidità volatile e questa, se ben integrata, non può che ampliare lo spettro emozionale che il vino regala. Ovviamente quando il livello è alto, e la sensazione di acetone prevale, probabilmente è il momento di prendere l’insalata e condircela con sale e olio. Come esperienza personale il numero schietto dell’acidità non è indicazione utile per giudicarlo come difetto, chiedere a Amerighi e Fattoria di Caspri che ne fanno un marchio di bontà.
  • Brettanomyces. Questo lievito può portare la fermentazione a strane derive, c’è chi sostiene che si origini in condizioni di pulizia precaria della cantina; porta a descrittori fantasiosi come il cavallo bagnato e la carne affumicata ma anche a plastica bruciata o odori putrefacenti. I consumatori si dividono in chi lo ricerca spasmodicamente e chi se ne sta alla larga ben volentieri. Io son del secondo partito.
  • La riduzione. Odore di cavolo bollito, uova marce e composti solforati indicano questo stato del vino che si contrappone all’ossidazione, l’odore di ridotto non sempre è spiacevole e può influenzare il vino creando complessità. Stappare la bottiglia, facendola respirare, come si dice generalmente porta a una diminuzione di questo sentore, sempre che non sia a livelli estremi.
  • L’ossidazione. siamo al sentore opposto della riduzione, qui l’ossigeno entra in contatto con il vino generalmente per colpa di una una chiusura difettosa che permette un passaggio d’aria. Il vino appare super evoluto con sentori cromatici spostati verso il marrone, si ha una perdita di freschezza generale non bilanciata dalle classiche note di un vino evoluto. Ovviamente nei vini prodotti in stile ossidativo come la Vernaccia di Oristano non va considerato come un difetto, anzi se vi avanzasse una bottiglia di Columbu…
Riccardo V.

Riccardo V.

Non prendiamoci troppo sul serio

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