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L’arrivo in macchina a Carema, svolto in agosto è degno del peggior novembre, un acquazzone incessante e un cielo grigio non sembrano dare possibilità di scampo ma eroicamente Matteo dell’azienda agricola Chiussuma, ci viene a caricare e ci porta su nello spettacolare anfiteatro sala degustazione dell’azienda. 

Al ritorno in terra Toscana avremo la possibilità di ammirarlo senza pioggia e di scattare foto bellissime.

il progetto Chiussuma è relativamente recente e, devo dire, senza una insana follia e caparbietà verrebbe da chiedersi come sia possibile fare vino quassù…la storia narra che le donne del luogo abbiano portato il limo della Dora su dalla valle su nei vari terrazzi creando e strappando alla montagna una possibilità agricola altrimenti inimmaginabile. Gli esigui terrazzi, alcuni accolgono a stento due file di piante, sono sostenuti da muretti a secco, si utilizza il sistema di allevamento tradizionale a pergola che permette una ottimale esposizione al Sole, areazione e protezione del grappolo che si sviluppa nella parte inferiore. Bellissimi sono i “pilun”, strutture di pietra e calce che sorreggono i pali orizzontali di legno e che provvedono a mitigare la temperatura assorbendo calore durante il giorno e rilasciandolo la notte, anche se è più ragionevole pensare che questo effetto sia generato dallo stesso muretto che è ben più voluminoso. Questo effetto di mitigazione crea una stagione di maturazione più luga e ottimale contribuendo ad arrivare al mistico punto triplo della maturazione dell’uva, tecnologica, fenolica e aromatica.

Marco ci racconta la difficoltà di lavorare questo ambiente e di farlo in ottica aziendale, a me piace portare il discorso sul lato economico, che ovviamente si ripercuote sul prezzo della bottiglia. Stiamo parlando di grandi vini con un nome probabilmente non ancora, e sottolineo ancora, all’altezza dei cugini di pianura. Questo Carema deve sedersi al tavolo dei grandi senza la paura del confronto, e senza doversi svalutare; la presenza di una forte e competitiva Cantina sociale che lavora in maniera ottimale, incredibile per me toscano, abbassa la percezione del marchio in quanto il prezzo del riseva esce sottostimato (da bevitore mi sto dando la zappa sui piedi lo so). 

Veniamo al vino, che poi alla fine deve essere l’unica cosa che conta, ho un ricordo vivido della della percezione balsamica sprigionata, risulta a paragone con questa nota quasi scontato che corpo, frutto siano perfettamente godibili ed equilibrate. Questa nota fa presagire un grande futuro ed una certa identificabilità che non può che fare bene a una aziende dai numeri limitati per darsi un marchio inconfondibile. Due bottiglie in cantinetta da bere tra 5 e 10 anni.

Cosa ne pensa Acquabona di Chiussuma

 

Associazione culturale Il Mosto Selvaggio | Pistoia, Toscana, Italia  | mostoselvaggio@gmail.com